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Amore come forma infinita dell'ethos

Amore è parola, da un lato sempre necessaria e attualissima, dall' altro malamente stravolta fino alla banalizzazione e quasi liquefatta dall' uso. Credo, del resto, che si possa dire dell' amore quello che S. Agostino diceva del tempo: "Se nessuno me lo domanda so cos'è ; se volessi spiegarlo a un altro, che mi interroga, non lo so" (Confess. xiv, 17). Eppure, anche se ben consapevoli dei nostri limiti, perchè non tentare, non dico di spiegare, ma almeno di riflettere su questo concetto di amore, cosÏ come Agostino fece sul tempo? Ci sono, dunque, varie specie di amore e alcune sono da considerarsi proprie ai nostri fini, mentre altre devono essere, secondo me, abbandonate come un bagaglio inutile e ingombrante. A me pare che l' amore vada pensato innanzitutto come un forma dell'interagire, uno sorta di fondamento o meglio di presupposto, che dovrebbe sempre imporsi nella relazione interpersonale tra due o più soggetti, all'interno di una prassi comune.
Già questa prima delimitazione del concetto di amore ci permette di escludere che si possa parlare propriamente di amore, quando ci si riferisce all' amore per qualcosa. Lí'amore del danaro, l' amore dei libri ecc. connotano propriamente un desiderio di possesso, che, per quanto elevato e dominante, non puo qualificarsi come amore, che, abbiamo detto, è un interagire tra persone. Analogamente l' amore di gloria ecc. è una tensione verso oggetti ideali, che esprime un certo impegno morale e non propriamente amore.
Anche l' amore per la propria professione, per l' arte o per il gioco o per il lusso riguarda attività, forme di vita e non persone, quindi resta al di fuori della nostra considerazione.
Infine l' amore non corrisposto minimamente non è in senso proprio amore, ma piuttosto intenzione d’amore, che è destinata a seccarsi ed estinguersi se rimane mera possibilità. Va notato inoltre che l' unità assoluta tra gli amanti, che sembra essere talora il progetto di certe teorie sull’amore, in realtà, mirando l' amore a togliere o negare individualità all'altro, toglierebbe perciò la relazione e quindi non si può parlare più di amore tra soggetti. Tuttavia, restando all' interno della nostra iniziale definizione (l' amore come forma dell' interagire interpersonale) non si può dire che l' amore sia una forma specifica e definibile, ma esso piuttosto si presenta in una tale vastità di possibili forme, che si può dire che l' amore sia una forma infinita. In quanto forma l’amore non è
qualcosa: non è un' azione determinata nè un sentimento determinato nè soltanto un desiderio nè soltanto un istinto.
La realtà dell' amore come forma infinita è davvero poco configurabile in qualcosa di definito e di rappresentabile concettualmente: la sua è la meta-realtà o la para-realtà della mera relazione. Questa natura sfuggente dell' amore sul piano concettuale nulla toglie però alla concretezza e direi alla visibilià diretta dell' amore, che, pur come forma, esiste e si mostra sensibilmente nel contesto di una situazione, attraverso infinite trasposizioni e proiezioni di senso.
Va ancora tenuto presente che l' amore come forma infinita non è esemplificabile secondo modalità canoniche, cioè una metodologia o procedura o un metodo di relazione o un semplice schema d’azione; nè tanto meno l' amore può ridursi ad una tecnica, ad un progetto determinato, che si proponga di raggiungere particolari finalità o risultati.
Dire che l' amore è una forma infinita è importante: significa collocarlo nell’ambito di ciò, che è più proprio dell' uomo: l’infinita libertà e creatività, senza per questo pensare che l' amore possa coincidere con quest’ultime, essendo piuttosto la forza che le sottende. Eppure l' amore, che finora abbiamo potuto riconoscere quasi solo per esclusione non è affatto qualcosa di oscuro, di ineffabile e meno che mai è qualcosa di invisibile. L'amore non è un mistero, o se lo è, è il mistero più percepibile che ci sia. La presenza dell' amore infatti viene colta da chiunque in modo diretto e immediato, cioè intuitivamente e sensibilmente, mentre la sua forma visibile si ricrea liberamente a ogni minimo gesto, a ogni più piccolo sguardo, a ogni più lieve intonazione della voce, a ogni minimo accenno e atteggiamento anche interiore delle persone.
Nell' amore il cuore si ìriscalda " (v. Luca xxiv, 32 i discepoli di Emmaus commossi dicono dopo aver riconosciuto solo a posteriori Gesù: non era forse ardente in noi il nostro cuore, quando egli ci parlava lungo il cammino spiegandoci le Scritture?) , la vista delle cose acquista un significato più pieno e più vero (scrive B. Russel in la Conquista della felicità: ìUn uomo, che non ha veduto le cose belle, in compagnia della donna amata, non ha mai conosciuto appieno il magico potere, che tali cose possiedono), le persone nell' amore si sensibilizzano spiritualmente apparendo l’un l’altro come dice Saffo ìsimili a divinità.
E infatti solo nell' amore e per l' amore che qualsiasi persona, anche se si trova nello stato più abietto e ripugnante (der Muselman, la insensata e orribile larva umana, cui si erano ridotti alcuni prigionieri di Auschwitz v. g. agamben Quel che resta di Auschwitz Boringhieri o il drogato perso nel suo vizio o il pazzoide che vaga in mezzo alla gente puzzolente di vino e di urina) può essere percepita amorevolmente, cioè come se la sua realtà fosse oltre la "cosa", che ci sta davanti e ci apparisse attraverso di lui, nella sua tragica e altissima verità, la più autentica e profonda condizione dell' uomo.
In questo caso si considera l' essere umano, pur nella sua profonda rovina e miseria, come "prossimo", cioè come individuo, che secondo Kant, ha la dignità di un assoluto, di un fine e come tale partecipa al comune regno dell’uomo ed è per la religione semplicemente "fratello". Forse potremmo dire addirittura che la perdita totale dell’amore tra gli uomini significherebbe tout court la perdita e la distruzione dell' umanità.
Infatti tra gli scenari possibili, che un mondo totalmente acquisito al dominio della tecnica ci presenta, l' avvento di una civilà umana completamente tecnicizzata e ispirata unicamente ai principi della tecnica, cambierebbe lo status stesso dell’umanità, riducendo gli uomini ad una specie di cloni vuoti o di robot.
Si potrebbe dire perciò che, se ci trovassimo di fronte a degli extraterresti, la cosa più importante da conoscere per noi sarebbe verificare non solo se si tratta di esseri intelligenti, ma se avvertono e praticano i principi dell' amore nella sua vera espressione, che è l’universalità. Questa vera e propria trasmutazione dell' essere vivente causata dall’amore è la capacità tipica dell' uomo di andare oltre il dato finito non con l' immaginazione del futuro soltanto, ma con la sensibilità presente.
Scrive Sartre a questo proposito: "Nell' amore lo sguardo dell' altro non mi permea più di finitudine, non immobilizza più il mio essere in ciò che sono semplicemente; io non potrò esser guardato come brutto, come piccolo, come vile perchè questi caratteri rappresentano una limitazione di fatto del mio essere e una apprensione della mia finitudine come finitudine".
Questo andar oltre la semplice datità non è solo una caratteristica dell'amore tra uomo e donna, per cui si dice che gli amanti "stravedono" la realtà dell' amato, ma è tipica di tutte le forme dell'amore: l' amore per cosÏ dire investe il suo oggetto e lo infinitizza, gli toglie sensibilmente la sua finitudine e gli conferisce una potenzialità visibilmente infinita.
per questa capacità di rendere visibile l' invisibile l' amore non dovrebbe esser rappresentato nell' arte come il dio bambino, che bendato scaglia le sue frecce verso gli amanti, ma piuttosto come l' Angelo Necessario di Wallace Stevens, ripresentato filosoficamente da Massimo Cacciari, come l'angelo che conduce ad una conoscenza diversa da quella che si sviluppa in rapporto al visibile e lasciando essere l' invisibile come mistero che si mostra, apre l’invisibile, che sta oltre la lettera e il dato e così facendo ci conduce verso l' infinito.
Dopo aver delineato il concetto di amore come forma di relazione interpersonale infinita (non solo per gli infiniti modi in cui si mostra, ma anche perchè l’amore porta con sè l' invisibile e l' infinito) resta ancora da spiegare il collegamento tra amore ed ethos.
Cosí è l' ethos e come va inteso in relazione all' amore?
Ethos è parola greca, che deriva dal sanscrito svadha ed è ricollegabile al latino suesco e sodalis; indica la consuetudine, il comportamento comune, l' usanza, proprie di un gruppo sociale e di una società. Da ethos deriva la parola etica, che è propriamente l' agire morale in relazione agli
altri, quindi all' interno di un gruppo.
Nell’uso greco del termine, ethos non configura una questione che riguarda l' individuo e la sua autonomia: esso è riferibile piuttosto all’eticità hegheliana, cioè ai comportamenti nell' ambito della comunità o, meglio, è la moralità del singolo in quanto parte di una comunità.
Nel pensiero contemporaneo quando si parla di buon funzionamento di una comunità (ad esempio quella internazionale) si fa riferimento alle tecniche giuridiche, ai cosiddetti diritti dell’uomo e a quella moralità politica, che più o meno fondata sul diritto naturale, dovrebbe vale incondizionatamente tra gli esseri umani.
Scriveva Bergson: "Pressione sociale e slancio d’amore non sono che due manifestazioni complementari della vita normalmente applicate a conservare la forma sociale, che fu caratteristica della specie umana sin dall’inizio e sono capaci anche di farla progredire". Queste indicazioni sono state lasciate cader nel limbo delle idealizzazioni astratte e delle buone intenzioni senza costrutto. Eppure la "pressione sociale", lo ìslancio d' "amore" non sono mere astrazioni, ma elementi necessari di ogni comunità e, come vedremo, i teorici contemporanei della società umana difficilmente possono fare a meno di essi.
N. Abbagnano suggeriva: "Forse una via più modesta, ma più efficace per migliorare il mondo è quella della determinazione e della messa a punto di nuove tecniche di convivenza umana: cioè di quelle tecniche "del rispetto e della giustizia-, che, secondo il mito platonico, Prometeo ha dato agli uomini insieme con il fuoco perchè evitassero la distruzione reciproca" (v. n. abbagnano Storia delle scienze vol. I UTET). Ma che cosa ci spiega il mito narrato da Platone nel dialogo dedicato a Protagora?
In questo dialogo Protagora è invitato da Socrate a motivare perchè è possibile e necessario educare gli ateniesi ad una giusta vita politica. Protagora acconsente a esporre la questione con un mito. Prometeo ed Epimeteo ricevono da Giove l' incarico di dare ad ogni animale i mezzi necessari alla sopravvivenza della propria specie. Alla lepre cosÏ si dà la velocità della corsa per sfuggire ai predatori, ai predatori si danno le unghie per ferire o eventualmente difendersi ecc.; alla fine resta da provvedere all’uomo, ma Epimeteo si accorge che tutti i mezzi di sopravvivenza sono già stati assegnati agli altri animali. Allora Prometeo ruba ad Efesto e ad Atena il fuoco e il sapere tecnico e li consegna agli uomini affinchè possano costruirsi le armi per difendersi e sopravvivere.
Eppure gli uomini, che non conoscevano ancora l' arte politica, finiscono per disperdersi e rimanere inevitabilmente vittime di catastrofici eventi o finiscono quasi per sterminarsi con le armi l' un l' altro. CosÏ Giove per salvare l’umanità è costretto ad inviare ancora Ermes per portare agli uomini i doni del rispetto reciproco, e della giustizia, affinchè servissero per tutti da ordinamento della città e da vincoli costituenti unità di amicizia (platone Protagora XII, c).
Questo mito, come si capisce facilmente, è di grande attualità ai nostri giorni. Nel nostro tempo -in cui ci troviamo a dover ricostruire tra gli uomini una serie di relazioni, non più a livello della città-stato, ma a quello della città globale- si pone il problema di un nuovo ordinamento politico tra tutti gli uomini, se non vogliamo correre il rischio di procurarci, con la bomba atomica o con la bomba ecologica, l’estinzione non solo dell’uomo, ma della vita sull’intero globo terrestre.
Perciò il problema "politico" si ripropone con urgenza all' umanità in questa forma: come poter convivere ordinatamente e pacificamente senza dover rinunciare alla nostra libertà e alla nostra identità all' interno di una civilizzazione su base mondiale?
Se la filosofia vuol esser, come dice Hegel, la riflessione consapevole e responsabile sul proprio tempo, essa non può non farsi carico di questo problema.

L' agire comunicativo di Habermas, la teoria delle giustizia di Rawls, il concetto di solidarietà in Rorty rappresentano nella società contemporanea un’alternativa ai conflitti, al ricorso alla forza e alla violenza, alla manipolazione dell' opinione pubblica per ottenere consenso, cosÏ come nel mondo dell' antica Atene le tecniche del rispetto e della giustizia, di cui parla Protagora, hanno permesso una civile convivenza all' interno della polis.
Appare tuttavia evidente che queste teorie fondate su universalismi morali talora astratti, talora lasciati semplicemente alla buona volontà e all’interesse generale degli uomini nella comunicazione, non colgono un punto centrale; manca a loro "qualcosa" perchè possano apparire realmente convincenti ed effettuali.
Anche se i concetti di dignità della persona, di diritti dell’uomo, di solidarietà e giustizia sociale sembrano aprirsi talora suggerendo all’ethos comune la prospettiva dell’amore, in realtà ciò non è mai esplicitamente argomentato, non è mai teorizzato con chiarezza e con forza.
Forse varrebbe la pena di riprendere le indicazioni di Bergson, perchè in effetti solo la forma infinita dell’amore può dare alla comunità ciò che realmente la vivifica e liberamente la fa crescere.
Nel passato ci è stata una sola società, che è potuta crescere e diffondersi fino ad abbracciare tutto il mondo allora conosciuto: è stata la società cristiana fondata esplicitamente sull' amore "agape”, soprattutto attraverso l’insegnamento di Cristo e l’apostolato di Paolo di Tarso.
Al di là delle distorsioni che si sono determinate nel concetto di amore che lega la società cristiana, è chiaro che qualsiasi consorzio umano caratterizzato dall' interazione tra i membri e ispirato alla "forma infinita dell’amore", consente ai soggetti un surplus comunicativo, un fattore di coesione e di crescita davvero straordinari.
L’agire comunicativo fondato sull’amore va ben oltre i mezzi tecnico-politici pensati per organizzare il consenso. La stessa legge, che governa lo Stato, se non è sorretta dal principio dell' amore diventa troppo spesso lettera morta. Dice Paolo nella lettera ai Romani che "solo l’amore è la pienezza della legge". E' la forma dell' amore che consente di dare forza alla stessa legge morale e a quella positiva e di superarle eventualmente se esse si fondano soltanto sulla la forza del diritto, del dovere, dell’interesse, dell’utilità.
C'è nell'amore un' eccedenza, un "dono" assolutamente disinteressato, che si scambia gratis e graziosamente, una sovrabbondanza del cuore rispetto alla pura funzionalità comunicativa. Come si produce tra i comunicanti questo surplus di reciproca bene-volenza? Questo è il vero problema dell'ethos e di ogni agire sociale. E' chiaro che l' amore non puÚ esser imposto: esso è, come si è sottolineato, pura espressione di libertà e di creatività infinita. Nè l' amore può essere ridotto ñanche questo si è detto- a pura metodologia o ad un insieme di regole tecniche strumentalmente finalizzate a un risultato. Eppure la società contemporanea, libera per presupposto e per struttura, non può fare a meno dell' amore. Il grande problema della nostra società di tipo liberistico e liberale è di esser fondata unicamente sulla razionalità e sull’interesse, senza aver a suo fondamento un principio solidaristico efficace. Si potrebbe forse ipotizzare che i totalitarismi del xx secolo, il consenso da essi conseguito su masse enormi di persone, derivino anche dalla carenza di un vero principio solidaristico d’amore, da porre a fondamento della società capitalistica moderna.
Gli uomini sentono di aver bisogno di esser legati tra loro da qualcosa di più di un semplice rapporto economico funzionale. In termini hegeliani potremmo dire che la nostra società civile non è capace di trasformarsi in vera comunità etica e cristiana. Ma lo Stato hegeliano, che è stato anche usato largamente dai teorici del fascismo, suscita giustamente sospetti e la Chiesa, dopo due millenni di potere, sembra stentare a realizzare tra gli uomini quello stesso principio dell’amore su cui pure è istituzionalmente fondata.
CosÏ, se l' obiettivo è chiaro, mancano i mezzi per realizzarlo.
Insomma, dopo questa prima riflessione ci resta da capire in che modo l'amore è la forma infinita dell' ethos.
E' questo il problema che, senza apriorismi e senza facili illusioni, è urgente e doveroso sottoporre a un qualche tentativo di soluzione.

Mario D'Avino