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La Torre di Babele è il processo entusiasmante ed internazionale che abito da sempre. Un invisibile labirinto che collega spazi fisici e mentali. Eretta sul nulla, per raggiungere Dio, ha subito un’interruzione, ma meglio direi, un rallentamento dei lavori, quando qualcuno ha urlato che quel Dio non c’era o che comunque non si trovasse lì. Poi qualcun altro ha ipotizzato che Dio fosse dentro di noi o che noi fossimo Dio, e così il problema è diventato come erigere una torre dentro di noi per raggiungerci. Abbandonata la via dell’edilizia fisica si è passati a quella dell’edilizia psicologica. Abbandonati mattoni e calcestruzzo, sono arrivate casse di vino… è scoppiata una festa! (edilizia sociale). Tutti ballavano da soli, parlavano da soli, sorridevano da soli, fino a che qualcuno ha urlato: “Siamo soli”. Imbarazzo generale superato da brevi colpi di tosse e brevi riflessioni sulla condizione umana della “solitudine” della quale eravamo ormai tutti coscienti. I camerieri hanno servito altro vino e la festa è ricominciata. poi qualcun altro ha urlato: “Siamo lune”. Imbarazzo generale, mai superato neppure da infinite bronchiti ed infinite riflessioni sulla condizione umana della “lunitudine” della quale pochi tra noi, ancora oggi, hanno preso coscienza. La Torre di babele è il processo entusiasmante ed internazionale che abito da sempre. Da anni sono cominciati i restauri per conservare quanto di fisico è rimasto della torre, tra una festa e l’altra, salendo, scendendo scale e percorrendo infiniti corridoi cammino le mie inquietudini, insieme a me un infinito numero di “altri”, incrociandoci sorridiamo alle nostre solitudini.
Oggi sono uscito su una delle tante terrazze della torre che si affacciano sul nulla e ho incontrato qualcuno che come me è qui per una boccata d’aria e che come me oggi, ha gli occhi rossi. Non mi ricordo più se è perché abbiamo pianto o se è perché c’era troppo fumo alla festa di ieri sera… Insieme siamo saliti in cima alla torre attraversando feste dai temi contrastanti, insieme con gli occhi rossi, abbiamo constatato che tutto sommato la torre è arrivata ad un buon punto, ad un certo punto, o meglio, ad un punto incerto. Insieme e con gli occhi rossi abbiamo deciso di non buttarci nel nulla, è una cosa che qualcuno ha detto bisogna fare da soli. Insieme e con gli occhi rossi abbiamo percorso le scale in discesa saltellando fino a che ci siamo trovati ad un’altra festa… George Michael cantava: “The first time I ever saw your face”, una canzone lenta e romantica. Insieme e con gli occhi rossi ci siamo messi a ballare. Quegli occhi rossi di fronte ai miei, mi hanno fatto pensare al cuore, forse perché una volta avevo sentito urlare da qualcuno che il cuore è rosso, ed io che ho poca personalità, gli ho creduto. Sta di fatto che ballando insieme con gli occhi rossi e pensando al cuore, la solitudine sta scivolando via: staremo forse scivolando nella “lunitudine”

Marco Ferraris